ECCO LA LISTA DEGLI ORRORI DELL’OCCUPAZIONE CINESE IN TIBET!
Di Andrea Balzola
L’Italia è davvero il paese dei paradossi! Mentre gli intellettuali e gli artisti di tutto il mondo si mobilitano a sostegno del diritto del popolo tibetano alla sopravvivenza (perché subisce da 60 anni una colonizzazione genocida) e dei diritti umani in Cina, gli intellettuali italiani, seguendo il cattivo esempio dei politici nostrani, fanno finta di niente, nicchiano, tacciono, sono troppo assorbiti dagli impegni personali, o addirittura, come nel caso dell’”ex filosofo” (ora è diventato un opinionista) Gianni Vattimo, sottoscrivono appelli deliranti in difesa di uno dei regimi più tirannici e sanguinari del pianeta, o ancora, in modo più subdolo, altri “illustri” editorialisti, come Sergio Romano (sul Corriere della Sera del 10.04.08), liquidano la questione tibetana come un’inesorabile conflitto tra la modernità (la Cina contemporanea) e il conservatorismo arcaico (la civiltà tibetana), trascurando completamente la questione dei più elementari diritti umani, che trascende qualsiasi dialettica tra modernità/passatismo. E anche se fosse vera l’identificazione della Cina con la modernità, allora dovremmo considerare legittima l’imposizione della "modernità” con le armi?
Concetto ancora più inquietante dell’idea di esportare al “democrazia” con le armi. Allora dovremmo dire che anche coloro che sterminano gli Indios in Amazzonia, per costruire strade o appropriarsi di terreni o risorse naturali, rappresentano la “modernità”. Questi illustri editorialisti ci dovrebbero però spiegare in cosa si differenzia la “modernità” dalla “barbarie”.
Anche gli sportivi “puri”, rivendicando l’estraneità di un evento sportivo come le olimpiadi rispetto alle questioni socio-politiche, incorrono in un paradosso etico: l’idea fondante dell’Olimpiade è quella di portare, sublimare, l’agonismo, la rivalità e la conflittualità tra gli uomini sul piano di un leale confronto ludico. Quindi un modello etico che vuole superarre i conflitti tra popoli e tra individui creando le condizioni di un sano confronto simbolico dei talenti. Ma è pur vero che oggi, come scrive il poeta Erri De Luca anche le olimpiadi non sono altro che "fiere quadriennali del professionismo sportivo”.
Più semplicemente, dietro queste affermazioni che nel migliore dei casi si potrebbero definire ciniche, si nasconde una grossolana (e volontaria) ignoranza nel merito della storia della questione tibetana.. Per questo mi pare utile limitarmi ad elencare schematicamente ciò che i tibetani hanno subito dall’invasione cinese del 1950 sino a oggi, quest’elenco non è ovviamente il frutto di fantasie o di propaganda ma riferisce fatti accaduti, accertati da molteplici organizzazioni umanitarie, da viaggiatori e giornalisti di tutto il mondo. Lascio a ciascun lettore il commento e la valutazione se sia lecito restare indifferenti o farsi addirittura complici silenziosi di fronte alla "lista degli orrori” di quanto è accaduto e accade.
- Divieto a giornalisti , turisti e agli stessi tibetani, di circolare liberamente nel territorio tibetano
- Divieto dell’uso e del possesso della bandiera tibetana tradizionale,
- divieto di possesso e distribuzione delle immagini del Dalai Lama, guida religiosa e politica dei tibetani,
- perseguitate le preghiere e gli atti devozionali come pratiche reazionarie e superstiziose,
- centinaia di monasteri, anche molti antichi, saccheggiati e distrutti (quasi sempre costringendo gli stessi monaci e devoti a distruggerli) i blocchi di legno matrici dei testi religiosi usati come legna da ardere, le statue in terracotta distrutte, quelle in metalli comuni fuse, quelle preziose trasportate in Cina,
- i monasteri non distrutti trasformati in tribunali politici, stalle, magazzini di merci, solo nei casi più rinomati in musei,
- monache sverginate in modo pianificato con l’uso di manganelli. Monaci e monache costretti ad avere rapporti sessuali in pubblico.
- i tibetani costretti a imparare a memoria le citazioni del Libretto rosso di Mao Zedong, e, a partire dagli 8 anni, confessare come crimine qualsiasi ostilità o indifferenza all’ideologia del Partito Comunista cinese, molte confessioni vengono estorte con la tortura e molti condannati vengono giustiziati,
- esecuzioni capitali pubbliche di oppositori tibetani, alle quali i tibetani sono costretti ad assistere, le famiglie devono pagare il prezzo delle pallottole per riavere i corpi dei congiunti.
- ad alcuni oppositori tibetani condannati a morte viene tagliata la lingua prima dell’esecuzione per impedir loro di morire gridando “Tibet libero”,
- nei campi di prigionia, tibetani costretti a lavori forzati pesantissimi, con pochissimo cibo e costretti a mangiare nei contenitori dei loro escrementi.
- tortura costante e feroce di tutti i prigionieri “politici”,
- imposta statale sul grano che ha affamato la popolazione autoctona, mentre la collettivizzazione forzata era tutta orientata a sottrarre il prodotto i contadini tibetani in favore dei cinesi, provocando continue carestie. Vecchi e bambini costretti a lavorare, contadini retribuiti con un cucchiaio di cibo al giorno. Molti tibetani costretti a mangiare carogne di animali per sopravvivere o morti di fame o indotti al suicidio. Molti loro cadaveri usati per concimare il terreno.
- chiusura delle attività commerciali tibetane a vantaggio di quelle cinesi,
- trasferimento coatto dei tibetani dalle loro case e dalle loro zone d’origine,
- trasformazione dell’assetto geologico e urbanistico delle aree naturali e degli insediamenti tibetani,
- distruzione di quasi tutte le foreste e della fauna del Tibet, costruzione di edifici per i coloni cinesi nei parchi della capitale,
- costruzione di una fabbrica di armi nucleari nella zona del lago Kakonor,
- scarico di scorie radioattive nelle montagne himalayane del Tibet,
- Impossibilità di muoversi per i tibetani sul proprio territorio o di espatriare senza autorizzazione cinese. Divieto di riunirsi in più di 3 persone nei luoghi pubblici, anche solo per mangiare o bere,
- divieto di insegnamento nelle scuole della lingua e della cultura tradizionale tibetana, i bambini sono strappati alle famiglie ed educati secondo i modelli cinesi. Ai giovani tibetani è insegnata la derisione e il disprezzo della cultura autoctona e parlano tutti cinese.
- i vestiti e le acconciature tradizionali tibetani sono proibiti,
- controllo spietato delle nascite dei tibetani, che in molte zone si è tradotto nella sterilizzazione forzata e di massa delle donne, in altri casi in stupri delle donne tibetane da parte dei cinesi.
- parti clandestini con pericolo di vita per madri e figli. Separazioni forzate fra madri e figli neonati,
- colonizzazione cinese di massa dei Tibet fino all’attuale riduzione della popolazione locale a minoranza demografica…
- eccetera, eccetera
La lista potrebbe continuare e incrociarsi con quella delle atrocità imposte agli stessi cittadini cinesi che rivendicano libertà civili e democratiche (non scordiamoci Tien Amen, per favore) ma mi fermo, nella convinzione che sia già più che sufficiente a destare disgusto in qualsiasi persona, indipendentemente dalle convinzioni religiose, filosofiche e politiche, dotata di un minimo senso etico. Il problema è che tale indignazione non è sufficiente, la Cina è ormai divenuta la principale potenza economica del mondo, con una forza espansiva dei suoi prodotti e della sua popolazione senza precedenti, il suo processo di democratizzazione è oggi quindi, più che mai, un problema internazionale e una questione che riguarda tutti noi.
Vi invito a firmare, diffondere, se volete integrando, questo documento nella Rete e in tutti i veicoli mediatici possibili.
Grazie, Andrea Balzola, drammaturgo e docente universitario, Roma